Fabrizio De André, 1970

Il ritorno di Giuseppe

Stelle già dal tramonto si contendono il cielo a frotte
luci meticolose nell’insegnarti la notte.
Un asino dai passi uguali compagno del tuo ritorno
scandisce la distanza lungo il morire del giorno

Ai tuoi occhi il deserto una distesa di segatura
minuscoli frammenti della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia hanno profili da assassini
rinchiusi nei silenzi d’una prigione senza confini

Odore di Gerusalemme, la tua mano accarezza il disegno
d’una bambola madre intagliata nel legno.
La vestirai, Maria, ritornerai a quei giochi
lasciati quando i tuoi anni erano così pochi

E lei volò fra le tue braccia come una rondine
e le sue dita come lacrime dal tuo ciglio alla gola
suggerivano al viso una volta ignorato
la tenerezza d’un sorriso, un affetto quasi implortato

E lo stupore nei tuoi occhi salì dalle tue mani
che vuote intorno alle sue spalle si colmarono ai fianchi
della forma precisa d’una vita recente
di quel segreto che si svela quando lievita il ventre.

E a te, che cercavi il motivo
d’un inganno inespresso dal volto,
lei propose l’inquieto ricordo
fra i resti d’un sogno raccolto…

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