Fabrizio De André, 1970

Un ottico

Daltonici, presbiti, mendicanti di vista
il mercante di luce, il vostro oculista
ora vuole soltanto clienti speciali
che non sanno che farne di occhi normali.

Non più ottico ma spacciatore di lenti
per improvvisare occhi contenti
perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

Seguite con me questi occhi sognare
fuggire dall’orbita e non voler ritornare.

Vedo che salgo a rubare il sole
per non aver più notti
perché non cada in reti di tramonto
l’ho chiuso nei miei occhi
e chi avrà freddo
lungo il mio sguardo si dovrà scaldare.

Vedo i fiumi dentro le mie vene
cercano il loro mare
rompono gli argini
trovano cieli da fotografare.
Sangue che scorre senza fantasia
porta a tumori di malinconia.

Vedo gendarmi pascolare,
donne chine sulla rugiada
Rosse le lingue al polline dei fiori
ma dov’è l’ape regina?
Forse è volata ai nidi dell’aurora,
forse volata, forse più non vola.

Vedo gli amici ancora sulla strada, loro non hanno fretta
rubano ancora al sonno l’allegria, all’alba un po’ di notte
e poi la luce, luce che trasforma il mondo in un giocattolo.

Faremo gli occhiali così!
Faremo gli occhiali così!

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