Ho licenziato Dio
				gettato via un amore
				per costruirmi il vuoto
				nell’anima e nel cuore.
			
				Le parole che dico
				non han più forma né accento
				si trasformano i suoni
				in un sordo lamento.
			
				Mentre fra gli altri nudi
				io striscio verso un fuoco
				che illumina i fantasmi
				di questo osceno giuoco.
			
Come potrò dire a mia madre che ho paura?
				Chi mi riparlerà
				di domani luminosi
				dove i muti canteranno
				e taceranno i noiosi
			
				quando riascolterò
				il vento tra le foglie
				sussurrare i silenzi
				che la sera raccoglie.
			
				Io che non vedo più
				che folletti di vetro
				che mi spiano davanti
				che mi ridono dietro.
			
Come potrò dire la mia madre che ho paura?
				Perché non hanno fatto
				delle grandi pattumiere
				per i giorni già usati
				per queste ed altre sere.
			
				E chi, chi sarà mai
				il buttafuori del sole
				chi lo spinge ogni giorno
				sulla scena alle prime ore.
			
				E soprattutto chi
				e perché mi ha messo al mondo
				dove vivo la mia morte
				con un anticipo tremendo?
			
Come potrò dire a mia madre che ho paura?
				Quando scadrà l’affitto
				di questo corpo idiota
				allora avrò il mio premio
				come una buona nota.
			
				Mi citeran di monito
				a chi crede sia bello
				giocherellare a palla
				con il proprio cervello.
			
				Cercando di lanciarlo
				oltre il confine stabilito
				che qualcuno ha tracciato
				ai bordi dell’infinito.
			
Come potrò dire a mia madre che ho paura?
				Tu che m’ascolti insegnami
				un alfabeto che sia
				differente da quello
				della mia vigliaccheria.