Fabrizio De André, 1973

La bomba in testa

… e io contavo i denti ai francobolli
dicevo “grazie a Dio”, “Buon Natale”
mi sentivo normale
eppure i miei trent’anni erano pochi più dei loro
ma non importa adesso torno al lavoro.

Cantavano il disordine dei sogni
gli ingrati del benessere francese
e non davan l’idea
di denunciare uomini al balcone
di un solo maggio, di un unico paese.

E io ho la faccia usata dal buonsenso
ripeto “Non vogliamoci del male”
e non mi sento normale
e mi sorprendo ancora a misurarmi su di loro
e adesso è tardi, adesso torno al lavoro.

Rischiavano la strada e per un uomo
ci vuole pure un senso a sopportare
di poter sanguinare
e il senso non dev’essere rischiare
ma forse non voler più sopportare.

Chissà cosa si trova a liberare
la fiducia nelle proprie tentazioni,
allontanare gli intrusi dalle proprie emozioni,
allontanarli in tempo e prima di trovarsi solo
con la paura di non tornare al lavoro.

Rischiare libertà strada per strada
scordarsi le rotaie verso casa
io ne valgo la pena
per arrivare ad incontrar la gente
senza dovermi fingere innocente.

Mi sforzo di ripetermi con loro
e più l’idea va di là del vetro
più mi lasciano indietro,
per il coraggio insieme non so le regole del gioco
senza la mia paura mi fido poco.

Ormai sono in ritardo per gli amici
per l’odio potrei farcela da solo
illuminando al tritolo
chi ha la faccia e mostra solo il viso
sempre gradevole, sempre più impreciso.

E l’esplosivo spacca, taglia, fruga
tra gli ospiti di un ballo mascherato,
io mi sono invitato
a rilevar l’impronta dietro ogni maschera che salta
e a non aver pietà per la mia prima volta.

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