Fabrizio De André, 1970

Un medico

Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti
la salute per me li aveva lasciati
coi fiori di neve che avevan perduti.

Un sogno, fu un sogno ma non durò poco
per questo giurai che avrei fatto il dottore
e non per un dio ma nemmeno per gioco,
perché i ciliegi tornassero in fiore

perché i ciliegi tornassero in fiore.

E quando dottore lo fui finalmente
non volli tradire il bambino per l’uomo
e vennero in tanti e si chiamavano gente
ciliegi malati in ogni stagione

E i colleghi d’accordo i colleghi contenti
nel leggermi in cuore tanta voglia d’amare
mi spedirono il meglio dei loro clienti
con la diagnosi in faccia e per tutti era uguale:

ammalato di fame, incapace a pagare.

E allora capii, fui costretto a capire
che fare il dottore è soltanto un mestiere
che la scienza non puoi regalarla alla gente
se non vuoi ammalarti dell’identico male

se non vuoi che il sistema ti pigli per fame.

E il sistema sicuro è pigliarti per fame
nei tuoi figli, in tua moglie che ormai ti disprezza
Perciò chiusi in bottiglia quei fiori di neve,
l’etichetta diceva “elisir di giovinezza”

E un giudice, un giudice con la faccia da uomo
mi spedì a sfogliare i tramonti in prigione
inutile al mondo ed alle mie dita
bollato per sempre truffatore imbroglione

dottor professor truffatore imbroglione.

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